Gubert Marco
Classe 1988 originario della bellissima Valle del Primiero.
Cresciuto a pane, salame e montagna. Ho sempre praticato sport, da piccolo non perdevo mai un fine settimana dove ho provato praticamente tutte le discipline invernali. Poi crescendo ho intrapreso la carriera da cuoco che mi ha portato nel tempo a trasferirmi e vivere nell’Alto Garda (Tenno). di conseguenza l’attività sportiva è passata in secondo piano
Più tardi nel 2015/2016 nasce la mia carriera da atleta, le prime gare e il raggiungimento degli obbiettivi si susseguivano, stimolato e appassionato non ho mai smesso di impegnarmi e migliorare. Arrivarono le prime vittorie in alcune gare di Trail e poi a Febbraio 2019 una bella gara, la Tjörnarpären 100 miglia in Svezia, temperature rigide e quasi sempre buio dove ho vinto con distacco e record. La Tjörnarpären è stata per me un grade risultato ma non solo, è stata una esperienza che mi ha fatto provare delle emozioni molto intense e che mi ha commosso tantissimo. Dopo Tjörnarpären ho vinto altre gare acquistando quindi una buona esperienza in fatto di allenamento, preparazione mentale, tecnica e strategica.
Non mi definirei estremo o perlomeno non ancora, mi piace essere sempre nel controllo di quello che mi succede anche se a volte non sembra.
(infatti è sempre in quello che definisce “controllo” ma per le persone comuni è già molto estremo n.d.r.)
Per il futuro sogno delle spedizioni di più giorni, attraversare qualche deserto e le gare più impegnative, le lunghissime distanze…vedremo se ne avrò le capacità e le possibilità!
La Mia TransGranCanaria 360°
Eccoci qui a ripensare a quello che è stato il mio viaggio, la mia avventura.
Quando rimani fuori due notti e due giorni a correre e faticare, anche se hai il pettorale attaccato non si parla più di gara ma di avventura, di esplorazione interiore, si parla dell’uomo contro la natura, dell’uomo contro sé stesso prima che contro i suoi avversari. Le difficoltà non sono solamente sul percorso ma dentro di noi. Le salite più lunghe e difficili le abbiamo nel nostro subconscio che a volte, per puro spirito di sopravvivenza ci frena o ci costringe a fermarci.
Inizia quindi la battaglia di quegli stati d’animo “negativi”, il pensiero sulla corsa passa in secondo piano l’unico obiettivo, il vero obiettivo diventa spegnere il pensiero del “non riesco, non ce la faccio” in quel momento, in quei momenti inizia la vera gara la vera lotta contro la fatica. Se riusciamo a convincerci del contrario e ad andare avanti, e nonostante tutto ad affrontare la fatica e a sconfiggerla, avremo mantenuto la promessa per il nostro obiettivo, il raggiungimento della meta, il nostro sogno.
Mi sveglio dal sonnellino pregara, la tensione mi ha tenuto sveglio quasi sempre. Sono le 3.37 del mattino, sul tavolo ho già tutto pronto dalla sera prima ma per scrupolo apro tutte le tasche dello zaino, controllo due volte o anche tre. Finalmente convinto indosso la mia armatura, quei pantaloncini da 80 grammi e quella maglietta da 60 che mi danno così tanta sicurezza manco fossero fatti di titanio aerospaziale.
Ai piedi la mia ultima arma galattica le nuove Flight Vectiv, il risultato di anni di lavoro e decine (sicuramente di più) di prototipi, per arrivare a quello che oggi ho ai piedi, un concentrato di tecnologia e sviluppo fatto scarpa. So già che partirò per una crociata fatta di sentieri e mulattiere interminabili ma mi sento bene, non ho dormito un c**o ma sono dannatamente motivato.


Accendo l’auto noleggiata
da un ragazzo qualche giorno prima che non credeva a quello che avrei fatto mentre glielo raccontavo. Un ragazzo simpatico, non molto sveglio ma comunque abbastanza sgamato da pensare che fosse un bluff, nonostante ciò, mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite. In effetti quando racconti che sei alle canarie per fare una gara da 240km e 13.000m di dislivello la gente fatica a crederti. Di solito i turisti quest’isola se la vivono in un altro modo.
Salgo in macchina e parto in direzione del punto di ritrovo, Expomeloneras di fianco alla bellissima riserva naturale delle Dune di Maspalomas, alle 4.00 di mattina il bus ci aspetta per portarci più a nord dove prenderemo il battello che ci traghetterà all’isola di Tenerife. Lungo la strada vedo una ragazza o forse una signora che cammina, tutta vestita da gara, si vede che anche lei indossa la sua armatura, accosto: ”eilà, vuoi un passaggio?!” Così ho conosciuto Marina, una gentile e simpatica Mamma Runner che ha poi gareggiato e chiuso la gara in 2° posizione. Che forza !
Il viaggio in traghetto e poi in pullman fino alla partenza è andato liscio, ho cercato di stare rilassato, dormicchiare e bere più possibile per accumulare liquidi, sono rimasto coperto e al caldo per non sprecare energie inutilmente.
Finalmente sulla linea di partenza.
E’ stato un rito strano, diverso dal solito, ci hanno fatto salire al Faro di Anaga chiamandoci per nome, uno per volta dalle retrovie fino ai più veloci (sulla carta) in modo che arrivati su eravamo messi al contrario, e in modalità distanziata ci siamo schierati in una lunga fila di dubbiosi, felici e bizzarri partecipanti, tutti con il sogno di finire la prova, molti con il dubbio di farcela.
3,2,1…..Pam !
Lo sparo e subito vado in overdose di adrenalina, quell’impazienza che finalmente si sprigiona in movimento e tutti i pensieri spariscono, siamo in gara penso, e mi dico: “adesso non conta più nulla divertiti, soffri, gioisci di questo momento, sei qui per questo. Ricordati sempre che ogni cosa va fatta al tempo giusto e ogni azione ha una conseguenza, pensa bene prima di partire troppo forte e valuta due volte quando ti senti eccessivamente sicuro. Ecco questi sono stati i miei pensieri solo questi. L’avventura era cominciata.
I km scorrono bene, le ore sembrano minuti, conosco qualche concorrente, si chiacchera, il ritmo non è infernale, non ha senso è talmente lunga che tirarsi il collo non serve a nulla.
Non mi ricordo il km preciso ma sicuramente tra il 100 e il 110..mi sento bene e tra poco c’è una base vita, ricordo che eravamo in 3 in testa e alla fine di una salita uno sbotta, “dai ragazzi facciamo una pausa”, avevamo qualche minuto di margine sul quarto, poca roba eravamo ancora tutti assieme.
Confermo la scelta e dopo aver fatto la uippi mi siedo e mangio un pezzo di cioccolato, bevo e stiro un po’ le gambe, nel mentre gli altri due si erano già sdraiati e avevano tolto le scarpe. Dopo qualche secondo arriva il 4°, con passo deciso e ci passa in mezzo senza neanche guardarci e senza chiedere o dire nulla, con il cuore in gola mi trovo a un bivio, mi fermo ancora o vado con lui ?!? detto fatto ero già in piedi che provavo a chiamare gli altri due ma niente stavano già dormendo mi avvio, più lento che convinto, cammino qualche decina di metri, la stanchezza inizia a farsi sentire ma non è il momento di mollare, anzi il bello deve ancora venire.
Sulla discesa tengo tranquillamente il ritmo di Ivan quello simpatico (miga tant) e cerco di studiarlo, vedo che su cambi di ritmo cede il passo o comunque rallenta, segno che ha problemi addominali quasi sicuramente, si tocca continuamente la schiena, beve poco non ha senso superarlo rallenterà presto lo so già.
Alla base vita la mia strategia era chiara, come in Formula 1 solo benzina, niente cambio gomme, l’aerodinamica va bene quindi cerchiamo di perdere meno tempo possibile e andarcene prima che arrivino gli altri.
Nemmeno a Maranello ai tempi d’oro riuscivano a fare meglio.
Esco per primo, ma non senza aver mangiato due piatti di polpette e patate lesse, due bicchieri di Cola e una zuppa di pollo.
Lo so faccio schifo !!




Mi sento pieno ma è fantastico
riesco a camminare bene e c’è un lungo tratto tecnico, da fare con cautela, quindi è perfetto per assestare la cena.
Ogni tanto mi giro, nessuna luce, nessuno alle calcagna, perfetto mi dico.
Sarà così fino alla fine ma ancora non lo sapevo la mia strategia non poteva prevederlo.
Tanti km dopo, dopo un’ alba bellissima tra i crateri e i crinali che salgono la Degollada del Pino Cazado e alcune radure attorniate da muretti in pietra lavica riprendo a correre bene, inizia l’avvicinamento a Santa Lucia, la base vita che sfrutterò al meglio.
Ci arrivo contento, ho già un discreto margine sul secondo e continuo con lo stesso modus operandi, si fa tutto nel minor tempo possibile e via, tutto ok nessun intoppo.
Ricordo a memoria i punti critici che avevo studiato anche a casa, so che tra circa 10 km ci sarà il tratto più tecnico della gara, un km verticale su 2 km e mezzo, seguito da una discesa molto tecnica su roccia ruvida con vegetazione molto aggressiva, poi si attraversa un paesino, si scende in un Barranco e c’è un nuovo Vertical da quasi 800m in 2 km scarsi, con passaggi di II°.
Mi dico, è meglio se acceleri, il cielo si fa scuro e tira un vento incredibile, sta arrivando la sera e non voglio che mi vedano in cima alla salita con la frontale accesa per cui quando arriva il bello, si perchè io amo i percorsi tecnici e di scrambling, è proprio il mio terreno. Inizio a sorridere pensando che sarò sicuramente il più rapido in quel tratto non c’è dubbio.
Ca**ata..preso dalla foga di spingere con le gambe e tirare con le braccia come una scimmia che si arrampica sugli alberi procedo finché il Garmin non mi indica che sono fuori traccia, ma come mi dico?? non c’èra nulla oltre a questo sentiero come è possibile ?? Sono nel panico, inizio a scendere a rotta di collo da dove sono salito, sembravo Kilian al Trofeo Kima, giu come un pazzo fino al punto dove ero uscito dalla traccia..
Mi guardo attorno e capisco subito che avevo appena fatto la seconda Ca**ata.. la traccia del GPS era stata spostata “in fuori” dalle pareti verticali di quelle cengie, facendomi credere di aver sbagliato,mentre invece la traccia era corretta.
Mentre ho realizzavo che ero stato poco furbo a scendere (senza controllare meglio) stavo già risalendo, non pensavo a niente, pensavo solo ad andare il piu veloce possibile, sicuramente molto più della prima volta. E’ stato un vero momento di panico soprattutto per la pericolosità del tratto, se perdi un appoggio o ti muovi male puoi rischiare una brutta caduta e giocarti la gara.
E’ stato l’unico momento in tutta la gara,
(ho realizzato dopo assieme ad Alice) che ho perso circa 18 minuti a conti fatti erano circa 200metri di dislivello, fatti due volte in su e una volta in giù. Poco male il distacco era ancora abbondante e ho saputo amministrarlo bene.
Avanzo senza sosta, inizio ad avere qualche inciampo, devo alternare corsa a camminata, ma noto che i sentieri si fanno più larghi, scorrevoli quindi provo a cambiare appoggio del piede in discesa, la scarpa mi asseconda in tutto, non sento male da nessuna parte, mi sento sicuro e coccolato da quel mesh e da quel foam che chissà quante varianti hanno provato prima di diventare definitivo, pragmatico, perfetto !
Passo tutta la notte con Max che mi manda i distacchi, li guardo e non li guardo, non mi interessa io devo fare la mia gara, l’ho avvisato di non dirmi mai i nomi di chi ho dietro, non voglio condizionarmi, 55 minuti.
Vai adesso hai 5 km
6..
7..
Non ci penso anche se il Fenix mi avvisa che tra una 50ina di km sarò finalmente arrivato cerco di convincermi che non è abbastanza, che può ancora succedere un problema, un’ errore.
Provo a scrivere qualche messaggio, per distrarmi, gli occhi mi fanno male, ma leggo bene, qualcuno mi sta dicendo che ho piu di due ore di vantaggio !! boh mi dico chissà se è il Live Track che fa gli scherzi o cosa. Va bene dai cammino qualche minuto, tra poco c’è l’ultima base vita e poi posso iniziare a pensare alla vittoria.
Finalmente.
L’ultima parte non so se mi va di condividerla, o meglio lo so, non mi va ma qualcosa posso dirlo ero in preda alle emozioni ho pensato a tante cose, a quando ero ragazzino, ai miei nonni, agli amici che sicuramente saranno stati ormai stanchi più di me a controllare come stavo andando ho pensato a come sarebbe stato l’arrivo alla musica che avrei ascoltato.
Stop, ho pianto almeno per 10 minuti correndo come un pazzo in discesa, sbagliando anche sentiero ma ormai non contava più nulla ero felice anche in quel momento, mi sono trascinato fuori dall’ultimo canyon farcito di cactus e Aloe Vera che per 40 e passa ore mi hanno distrutto le gambe e le braccia non potevo dire di essere arrabbiato.
l’Arrivo si avvicinava, un sogno una meta non riuscivo a trovare la musica giusta sul mio mp3, era tutta musica bella che mi piace ma che non riusciva più a emozionarmi, non in quel momento ero in over-dose di sensazioni, di emozioni.
E’ difficile raccontarlo ma chi mi conosce ha detto che non sembravo più io ed è così.
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Questa cosa mi ha cambiato, credo per sempre.
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Grazie alla mia ragazza che mi ha aiutato, nelle settimane e nei mesi prima della gara, quei due giorni ha fatto tutto quello che serviva e anche di più !
Grazie ai miei amici e alle persone che mi vogliono bene, il vostro tifo e il vostro sostegno li ho sentiti sempre, in tutti i momenti eravate con me e mi ha dato davvero la carica !
E ultimi ma non ultimi grazie a voi che avete letto questa storia, spero che vi sia d’ispirazione e che possiate trarne beneficio.




LIVE LOVE RUN ❤
